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Un'utopia possibile: una mia Intervista a Stefania Contesini

  • Immagine del redattore: saraga
    saraga
  • 11 dic 2020
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 7 nov 2021







INTERVISTA A STEFANIA CONTESINI




ORGANIZZAZIONI E NUOVI PARADIGMI.

UN’UTOPIA POSSIBILE




La crisi globale in cui viviamo ci offre l’opportunità di ri-pensare i nostri paradigmi: uno dei modi per farlo è sviluppare un pensiero differente sulle modalità di lavoro di organizzazioni e imprese, messe duramente alla prova dalla pandemia e dalla sfida climatica.

Ecco perché ne parliamo con Stefania Contesini, che si occupa di formazione e consulenza filosofica nelle organizzazioni e nelle aziende ed è responsabile del laboratorio Filosofia Impresa all’Università San Raffaele di Milano. Ha pubblicato La Filosofia nelle organizzazioni. Nuove competenze per la formazione e la consulenza (Carocci, 2016) e Fare impresa con i valori. Teoria e pratica dell'Identity shaping (Mondadori Bruno 2018).




Si associa spesso la razionalità a competenze di tipo logico-matematico o strumentale: sebbene queste siano fondamentali, è possibile pensare a un concetto di razionalità più ampio? Che ruolo ha l’immaginazione?


In effetti, complice l’idea che l’impresa è stata considerata per molto tempo esclusivamente un attore economico, avente come unica finalità il profitto, e non anche un attore sociale, il tipo di razionalità che si è previlegiato è stata una razionalità di tipo strumentale. Essa prevede quell’uso della ragione che identifica e calcola l’adeguatezza dei mezzi rispetto a fini dati e sottratti a qualunque tipo di valutazione. Da un certo punto in poi a quest’uso riduttivo della razionalità come calcolo, ha fatto da contraltare, la grande esplosione dell’intelligenza emotiva. A quel punto tutto ciò che aveva a che fare con il mondo dei valori, delle relazioni, dell’identità è stato derubricato a emozione. Quella che è stata sacrificata è la razionalità riflessiva.


Quindi si è creato uno scollamento tra razionalità ed emozioni ?


Per comprendere l’emozione anche dal punto di vista di ciò che mi fa sentire, devo compiere un’analisi riflessiva rispetto a ciò che sto provando, quindi - di fatto - non esiste una separazione così netta tra le due sfere.

Sicuramente, la razionalità intesa ‘filosoficamente’ quale razionalità riflessiva (come pensiero che torna su se stesso) deve trovare un posto attraverso un lavoro critico e - in questo senso - sono d’accordo sull’idea che non ci sia soltanto una razionalità critica e valutativa delle azioni e delle scelte, ma anche un pensiero che apra nuovi scenari per immaginare mondi possibili a partire dal presente: per questo aspetto considero importante il libro Ritorno a Utopia di R. Mordacci ( Editori Laterza 2020) , che propone l’utopia non come qualcosa di irrealizzabile, ma di ‘possibile’ e che individui cambi di paradigma per il futuro che vorremmo, anche a partire dalla constatazione di ciò che oggi non va…


Mi sembra un’ottica molto propositiva: spesso il rischio è proprio quello di non affiancare a un lavoro critico sul modello di capitalismo attuale delle alternative percorribili.



Abbiamo elaborato una proposta all’interno della quale le tre sfere di valori economica, produttiva ed etica convivono nella prospettiva di un’armonizzazione nella vita delle imprese: in questo senso c’è l’ottica di un’apertura verso un immaginario del ‘fare impresa’ differente.



Tra i valori fondamentali da lei evidenziati ci sono la fiducia e la trasparenza.

Pensa ci sia maggiore diffidenza a causa dell’attuale crisi in ambito sociale?


Nelle Organizzazioni e nelle imprese la fiducia è molto importante, soprattutto se pensiamo che si potrebbero cambiare i sistemi gestionali e organizzativi - basati attualmente sul controllo dell’attività dei dipendenti - per promuovere altri sistemi più orientati verso una leadership partecipativa e condivisa, nella quale la fiducia è fondamentale: in questo senso, la diffusione dello smart working rende ancora più forte l’esigenza di lavorare su questi temi.

Per quanto riguarda l’aspetto sociale, la fiducia è sempre a rischio; a proposito delle principali strutture nell’ambito della politica, dell’economia (enti creditizi etc), della scuola e - fino a poco tempo fa - della sanità, non si può dire che ci sia molta fiducia da parte dei cittadini. È sempre qualcosa da riguadagnare. Per esempio, negli ultimi anni, la perdita di fiducia nell’expertise e nelle competenze è stata terribile.


Eppure, con la pandemia, le persone sembrano esser tornate a fare affidamento sugli esperti…


Bisogna fare attenzione, perché se è vero che recentemente il parere di scienziati e medici è stato rivalutato, spesso le persone faticano a capire che anche nell’ambito della scienza possono esserci pareri discordi e dunque questa fiducia potrebbe rivelarsi fragile.


Occorre dividere nettamente il pensiero critico da quello complottista.

Quest’ultimo è caratterizzato da argomenti molto deboli, nati dalla sospettosità e dalla convinzione che ci sia una manipolazione in vista di un interesse sottaciuto. Il problema non è tanto quello degli esperti in sé, bensì della capacità di ognuno di argomentare le proprie posizioni: se io non ascolto l’interlocutore per il semplice fatto che mi critica - anche quando ha delle ottime ragioni- questo è un problema serio.

Ad esempio, ci sono delle ragioni validissime per criticare la didattica a distanza - come l’acuirsi delle diseguaglianze - poi si potrà replicare che in questo periodo è davvero necessario procedere in tal senso, ma bisogna riconoscere la legittimità delle critiche.


Pensa sia possibile abbinare la ricerca empirica delle scienze sociali alla filosofia? Il libro Fare impresa con i valori. Teoria e pratica dell’ Identity shaping sembra essere un esempio virtuoso in questa direzione


Il libro è nato con un gruppo di lavoro a partire dalla richiesta di un imprenditore che ha voluto approfondire - all’interno di una cornice teorica solida- l’ambito della consulenza d’impresa attraverso i valori.

La nostra è stata un’analisi qualitativa. Ci siamo posti un problema: abbiamo fatto una proposta su tre sfere di valori (economica, produttiva ed etica) riferendoci alla tradizione filosofica morale; c’era la necessità di ‘portare a terra’ queste idee e non fare un’analisi avulsa da quello che accade effettivamente nelle imprese. La filosofia è importante, ma bisogna conoscere i contesti di riferimento. In questo senso un dialogo è sicuramente proficuo e la proposta da noi fatta andava sostenuta da un riscontro effettivo e alla fine ‘i due mondi si sono ritrovati’.


Come nasce il progetto del Laboratorio Filosofia Impresa presso l’Università Vita Salute San Raffaele ?


Il Laboratorio è nato da un’iniziativa di Roberto Mordacci (Filosofo morale e Preside della Facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele), che mi ha coinvolta 3 anni fa.

Oggi vi partecipano diverse imprese discutendo temi di interesse a partire dalle loro specificità, che possono essere - per esempio- il benessere e la felicità, come la Digital trasformation etc. . L’idea è quella di mostrare come si possano creare ponti tra questi due mondi, in cui ci si confronta su alcuni temi di interesse comune, problematizzandoli. Con il Laboratorio si è sviluppata la possibilità di fare stage curriculari con delle aziende che - in alcuni casi - sono sfociati in lavori di tesi molto validi; sicuramente una terza missione da parte dell’Università è quella di cercare un collegamento con il mondo sociale, oltre ad aiutare i ragazzi nella ricerca occupazionale.



Lei parla dell’importanza di un’integrazione tra diverse tipologie di valori. Abbiamo dato per scontato che dovesse esistere un unico valore al quale subordinare tutti gli altri?


Qualsiasi assolutizzazione di un valore rischia di trasformare il valore nel proprio opposto oppure di renderlo coercitivo rispetto agli altri valori e quindi, di snaturare la propria natura, perché anche se il valore positivo della trasparenza diventasse il massimo valore a cui sacrificare tutto il resto, questo porterebbe molti problemi - tra i quali un controllo eccessivo. Ogni valore (così come ogni concetto) per poter dispiegare il meglio di sé deve avere richiami e rimandi verso gli altri valori, non può mai essere unico. Un altro esempio può essere quello dell’appartenenza, che di per sé è un valore positivo, ma potrebbe diventare appartenenza clanica: qualora non fosse coadiuvata dal rispetto, dall’integrità, dalla fiducia e dalla responsabilità diventerebbe molto rischiosa…

Questo discorso, chiaramente, vale a maggior ragione per il valore del profitto.








Sara Gallaccio


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