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HORIZON: AN AMERICAN SAGA – CAPITOLO 1

  • Immagine del redattore: saraga
    saraga
  • 5 lug 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

di Sara Gallaccio



È sempre la frontiera, quella contesa tra indigeni e coloni – così come quella dell’animo umano – il perno delle riflessioni nei westerndi Kevin Costner; dal bellissimo Balla coi lupi (1990) fino all’odierno primo capitolo di Horizon: An American Saga, Costner sa dipanare un filo – un orizzonte appunto – sul quale far convergere tutte le diversità possibili e immaginabili. Non soltanto la prima diversità percepibile, ovvero quella tra indigeni e coloni (già al centro di Balla coi lupi), ma la miriade di sfumature che si possono immaginare, tra personaggi che si vendono per denaro (non importa se indiani o coloni), chi persegue vendette impossibili in pieno stile western e anche chi – nel caos – riesce a rimanere calmo, ma è comunque costretto a lottare per sé stesso e per proteggere chi ama.

Un orizzonte immenso e un unico punto di fuga

Horizon: An American Saga – Capitolo 1, un’immagine del film

Quello che si delinea in Horizon: An American Saga è un orizzonte umano vastissimo: Costner dimostra di saper allineare le suggestioni degli spazi aperti e sconfinati della conquista americana del West alle riflessioni sulle infinite possibilità dell’animo umano.

In questo senso, la complessità e pluralità delle storie che si intrecciano già qui, nel primo capitolo, è squisitamente bilanciata rispetto all’atmosfera che si respira in questo splendido lavoro: i personaggi sono molteplici, eppure la pluralità delle diverse linee narrative è sempre ben gestita ed equilibrata, sia per quanto riguarda la sceneggiatura, che sul piano visivo (e del montaggio). Costner regista dimostra di avere una visione molto chiara: nel tratteggiare con abilità artigianale i diversi personaggi pone grande attenzione per far convergere tutte le linee narrative nel climax finale che li vede diretti verso la nuova terra, Horizon, appunto. Se il Costner regista sembra aver compiuto un ottimo lavoro, al Costner attore spetta un ruolo volutamente più defilato rispetto ai precedenti Balla coi lupi e Open Range – Terra di confine, ma non per questo meno curato e importante. Anche questa scelta appare del tutto funzionale rispetto alla coralità del racconto che si vuole rappresentare sul grande schermo. Vediamo da vicino.

Una prospettiva nuova, una storia classica

Horizon: An American Saga – Capitolo 1, Luke Wilson in una scena del film

America, 1859. Le carovane si muovono verso Horizon, terra di confine e nuova frontiera. Il film si apre eloquentemente su due coloni isolati – padre e figlio – che misurano il terreno da “possedere” sotto gli sguardi preoccupati degli Apache, che li scrutano – attenti – dall’alto: ben presto il tentativo dei due pionieri si tramuterà in sangue.

Allo stesso tempo, all’irruzione immediata di concetti cari al genere western, si affianca la visuale di chi cerca una via per frenare la violenza, contrapponendo – e in maniera trasversale – la prospettiva di chi antepone la conquista della terra alla vita umana, rispetto a quella di chi cerca con fatica di proteggere i propri cari. Ma in Horizon: An American Saga – Capitolo 1 c’è molto di più; Costner non si lascia fuorviare da scorciatoie o idee semplicistiche del rapporto tra bene e male e ci mostra – attraverso i molteplici personaggi – un’incredibile varietà di desideri, conflitti e torti, generati dalla spinta a trovare un proprio posto nel mondo e, dunque, la propria terra.

Così, il quadro iniziale ben presto si complica, con l’arrivo del tenente dell’esercito americano  Trent Gephart (interpretato da Sam Warthington) il quale -inaspettatamente- cercherà di ricondurre i pionieri a più miti consigli, mentre anche tra gli Apache si accenderà un dibattito analogo su come comportarsi con gli “occhi chiari”. L’ingresso di Costner – qui il cowboy Hayes Ellison – subentrerà solo in seguito, quando il quadro di Horizon sarà delineato nei suoi contorni essenziali.

Avventura e introspezione

Horizon: An American Saga – Capitolo 1, una sequenza d’azione del film

Nell’attesa di vedere come, nel secondo capitolo, Costner porterà avanti la convergenza tra le numerose linee narrative, possiamo dire come il regista sia riuscito perfettamente nell’intento di sviluppare in parallelo un ottimo western e un film drammatico, che sappia parlare dei dilemmi e delle scelte dell’animo umano – come pochi film d’avventura sanno fare – bilanciando uno sguardo attento al tema della conquista del West (e all’amore per i paesaggi naturalistici) con un tratto più introspettivo (a cui Balla coi lupi ci aveva già abituati).

La sensibilità di Costner nel trattare un genere così amato come quello del western è sempre originale e peculiare e sa schiudere a riflessioni che vanno oltre il mero film di genere, fornendo spunti anche sul versante politico, ma mai in maniera unilaterale. Forse, il maggior pregio di Costner regista è proprio quello di saper accogliere una visione plurale del conflitto che si innesca nella lotta per la vita: che si tratti della conquista di nuove terre, poi, rende il tutto ancora più affascinante e suggestivo (in pieno stile western). Una tematica classica per ogni film western, quindi, insieme a una modalità originale di trattare il tema della frontiera, del conflitto e della violenza, sicuramente contemporanea, ma soprattutto ben pensata e calibrata.

La frontiera, in Horizon: An American Sag, non è un mero confine geografico o uno spazio sconfinato da superare o da temere; diviene il simbolo e il luogo dei desideri e dei conflitti dei personaggi, siano essi spinti dalle motivazioni più nobili oppure dai peggiori desideri di vendetta.

 
 
 

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